Parole parole parole…

Ieri sera ho avuto la fortuna di ascoltare Simone Savogin dal vivo, per chi non lo conoscesse è un poeta dedito al Poetry Slam, oltre che cantante e autore di testi. Io non conoscevo Simone, l’ho scoperto per caso scorrendo Facebook. Mi sono fermata a leggere di un certo evento, quello di Reading di Simone appunto, e allora sono a data a curiosare. Ho guardato il suo sito e spulciato alcuni video, tre dei quali lo ritraggono come concorrente si Italian’s Got Talent (trasmissione che di solito non guardo). Quando ho aperto il primo video non sapevo cosa aspettarmi, un ragazzo un po’ impacciato, con la barba lunga, quasi sprovveduto. Poi parte a parlare e BOM! Folgorata. Le parole sparate una dietro l’altra, la musicalità delle assonanze, la metrica, le emozioni, i messaggi e lui, che con voce e corpo unisce tutto. Finalmente la poesia in tv (un grazie enorme alla LIPS che ha lanciato Simone in questa sfida), finalmente qualcuno che va oltre le sillabe, che prende i suoni e ne fa melodia, perché la nostra lingue è tanto melodiosa anche se ce lo dimentichiamo spesso. Ieri sera ha raccontato tante storie, tante emozioni, è l’ha fatto nello stesso modo che ha usato in tv: è stato sincero. Ha messo le sue parole in fila, con una dialettica invidiabile e scandendo tutto alla perfezione. Mi ha travolto Simone Savogin, mi ha commosso, mi ha fatto sperare che qualche anima appiccicata alle parole ancora c’è, mi ha fatto sentire meno sola. Certo, io non faccio poesia, non ne sono all’altezza, ma gioco con le parole appena posso, vivo delle storie che riesco a raccontare. Non so se le mie storie arrivino e emozionino, ma se anche è successo almeno una volta ho raggiunto il mio scopo. Un applauso va anche ai giovani organizzatori dell’evento e al locale che lo ha ospitato, che ci sia ancora speranza per il futuro? Io spero di sì, per la poesia, la narrativa, l’arte tutta quanta! Ieri sera, ascoltando Simone Savogin, mi sono sentita a casa, è una sensazione che l’anima di chiunque, prima o poi, dovrebbe provare.

P. S. La LIPS è la Lega Italiana Poetry Slam, di cui Simone è pluricampione nazionale, per dire…

Il Timoniere-Rivista

Qualche settimana ho scoperto questa giovane rivista on-line che si occupa di diffondere la cultura. Il progetto è portato avanti con grande dedizione e impegno da un gruppo di universitari, volenterosi ragazzi che, dicono: “portiamo avanti questo progetto cercando di trasmettere ai nostri lettori la bellezza e il senso di apertura prodotto dalle arti”, come dicono sul loro sito.

Si occupano di arte, letteratura, musica e cinema, nella loro Rubrica Racconti danno l’opportunità a scrittori/scrittrici emergenti di pubblicare i loro lavori. Io ho provato a inviare loro un mio testo, che è stato accettato ed editato, poi pubblicato un paio di giorni fa. Vi lascio qui l’incipit, al link che segue potrete trovare il racconto completo.

Ringrazio questi ragazzi (dei quali potrei essere quasi zia) e vi rimando al loro sito e social vari.

Sosteniamo la cultura, sempre!

http://www.iltimoniere.it

“Marmellata”

In quel momento il tempo rallenta, addensandosi. I secondi cominciano a scivolare via lentamente, come la goccia di marmellata sul piatto quando è pronta. Vorrei alzare quel piatto e passarci la lingua, invece resto immobile a gustarmi la mia sigaretta e la tangibile sensazione di felicità che mi ha assalito.

Il grande racconto di Renoir

Nei mesi scorsi ho avuto l’opportunità di prendere parte a un’antologia di racconti completamente ispirata ai quadri di Pierre Auguste Renoir. È stata un’esperienza importante, intensa, la prima vera volta in cui ho pubblicato qualcosa di mio, anche se piccolo. Ringrazio Monia Rota, la curatrice della collana, per avermi dato fiducia e opportunità, ha significato molto per me.

Vi lascio qui di seguito l’incipit del mio racconto “Bentornato a casa”, per il resto vi rimando al libro, che potrete trovare facilmente on-line e nelle librerie edito da Edizioni della Sera.

Sosteniamo la piccola editoria, sempre!

 

“Bentornato a casa”

Nonostante il pomeriggio sia appena iniziato e le prime giornate d’estate regalino almeno ventotto gradi, sento i brividi. All’improvviso mi tornano in mente le mattine gelide in cui cercavo di rinchiudermi nel sacco a pelo, poi papà – già in piedi da almeno un’ora – apriva la zip della tenda e mi chiamava. “Vieni a vedere la luce”. Io mi alzavo controvoglia, infilavo il giaccone e uscivo con gli occhi abbottonati. I raggi del sole, ancora basso all’orizzonte, stavano già diffondendosi tutto intorno. La superficie increspata del lago brillava e i fiori cominciavano ad aprirsi; le rane avevano smesso di gracidare, quasi in ossequio giorno che stava nascendo. Il freddo era pungente e mi facevano male le ossa, ma quello spettacolo ripagava qualsiasi sacrificio. Papà mi veniva accanto con il toscanello spento tra i denti e, a volte, mi cingeva le spalle.

La mia mente torna in autonomia a quei momenti, senza che io possa scegliere. Come adesso, che sento la pelle d’oca, mentre fuori l’albicocco ha già cominciato a colorare i suoi frutti.

Lo zaino è pronto già da un po’ e, seduto in giardino, non so bene cosa mi trattenga dal partire. Mi allontano di qualche passo dal portico e accendo una sigaretta presa da un pacchetto d’emergenza: ho smesso di fumare subito dopo la nascita di Niccolò, ma ogni tanto ho bisogno del conforto della nicotina e della gestualità calmante. Resto qualche minuto così, il fuoco incandescente che si accende sotto ai miei occhi con troppa voracità e il fumo che mi avvolge. Percepisco una presenza dietro di me, schiaccio il mozzicone a terra e agito una mano davanti alla faccia per purificare l’aria. Alice arriva quasi in punta di piedi e mi abbraccia da dietro.

«Ehi, tu.»

«Ehi, tu.»

«Pronto?»

«Non credo, ma non ho altra scelta» e torco il collo per incontrare i suoi occhi.

Mi stringe di più. Sento la forza nelle braccia esili, il suo calore mi rincuora. È stata lei a spingermi in questo viaggio, “l’unico modo per fare finalmente pace col passato”, diceva. Ha ragione, lo so benissimo, ma io ho paura di scoprire cosa troverò alla fine del mio cammino. Forse è per questo che ho rimandato per settimane e ancora adesso stento a fare il primo passo.